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Botola ispezione pompa gasolio per il 90
Un paio di amici, Graziano e Matt, hanno realizzato la botola per il 90.
Qui trovate il disegno quotato per riprodurre la botola.
Per ogni chiarimento:
Graziano – fotomania.caselle@libero.it
Matt – tfnmtt@gmail.com
Un sentito ringraziamento per il “gioco di squadra” 😉
Aria compressa con un condizionatore A/C
Questo progetto nasce dalla necessità di avere un sistema di produzione di aria molto efficiente.
Durante i viaggi in Sahara si è spesso costretti, per adeguare la pressione delle gomme al tipo di terreno che si incontra, a frequenti situazioni di “sgonfia/gonfia”.
Da tempo accarezzavo questa idea e dopo essermi documentato ho realizzato quanto segue.
Sono partito da un compressore Sanden, molto comune e diffuso su svariati modelli di auto, facilmente reperibile presso un demolitore. Io ho utilizzato un SD7H15 – tipo 7830, definito da Sanden per uso generico.
La differenza tra i vari tipi di SD7H15 sta principalmente nel coperchio posteriore previsto con diversi attacchi (vedere a pag. 9 del manuale).
Qui trovate il manuale Sanden (1.7mb – pdf)
L’utilizzo di questo tipo di compressore è reso difficoltoso dal metodo di lubrificazione adottato.
Il lubrificante, contenuto nel carter, viene miscelato e messo in circolo durante il normale funzionamento dal gas refrigerante assicurando la lubrificazione dei due grossi cuscinetti a rulli e dei sette pistoncini (dotati di due fasce elastiche in teflon).
Volendo usare il compressore per produrre aria compressa questo sistema non è adottabile perchè in breve tempo l’olio viene espulso insieme all’aria.
In altre realizzazioni ho visto usare un oliatore, posto a monte per lubrificare, e un diseoliatore, messo a valle del sistema, per recuperare l’olio espulso insieme all’aria.
Perseguendo la ricerca della massima semplicità, ho cercato un altro modo per ovviare a questo grosso problema adottando il sistema già usato nel compressore Endless e cioè usando del grasso.
Il grasso usato è del tipo per cuscinetti in gradazione GL2 nella quantità di 140gr. introdotto dal tappo posto sul corpo. Queste specifiche mi sono state gentilmente fornite dalla Kareela Engineering che produce l’Endless.
Per limitare al massimo l’espulsione del grasso (che avviene nonostante la densità dello stesso), occorre fare una piccola modifica chiudendo con una vite senza testa il passaggio tra la zona pistoni e la testa come mostrato in questa foto trovata in rete.
Risolto il problema della lubrificazione ho affrontato il montaggio del compressore nell’alloggiamento previsto di serie.
Gli attacchi che si trovano sul carter motore non hanno nulla a che vedere con quelli presenti sul Sanden e per ovviare a questo ho usato i supporti forniti nelle prime versioni del TD5 (credo 1998-99 al massimo), che venivano fornite con un kit Diavia che usava dette staffe, per montare un Sanden, appunto.
Purtroppo non credo che sarà facile trovarle ma in ogni caso questo è il codice che ho trovato stampigliato su di esse: 0021513199.
Queste staffe permettono il montaggio del compressore ruotato di circa 45° rispetto al piano normale inserendolo perfettamente nello spazio previsto ma consentendo di evitare il taglio della copertura del ventolone.
Il corpo del compressore va facilmente modificato tagliando a filo del corpo carter le alette forate indicate con le lettere B e F in questa fotografia.
Facendo attenzione a bene allineare le pulegge (i fori delle staffe non sono precisi), ho completato il montaggio sostituendo la cinghia di serie con quella prevista da Land Rover (PN. PQS101500), per i modelli forniti di aria condizionata.
Per chi non ha l’aria condizionata è necessario rimuovere una puleggia (quella tenuta dalla vite nr. quattro), e far percorrere alla cinghia un nuovo percorso.
Qui trovate entrambi gli esempi che vi aiuteranno nel montaggio:
motore senza AC
motore con AC
Se montate una cinghia nuova potrebbe essere di difficile inserimento perciò consiglio di legare il tendicinghia verso il basso in modo da non dover lottare anche con lui nella già dura prova. Poi allineate molto attentamente la cinghia nelle gole lasciando per ultimo il tratto liscio della grossa puleggia libera che si trova sulla destra, sotto al compressore. Prima di avviare il motore controllate ancora una volta che la cinghia sia ben inserita nelle gole e che sia ben centrata nelle parti lisce.
Questo è il compressore montato.
Il resto dell’impianto è stato realizzato nella massima semplicità. In tal senso ho scartato l’idea di un serbatoio di accumulo dell’aria perchè il Sanden ha una produzione di aria tale da ritenerlo superfluo, almeno per il momento.
Filettando internamente (con passo da 3/8″), i fori di entrata (S) e uscita (D) dell’aria posti sul coperchio posteriore, ho usato dei comuni raccordi in sostituzione di quelli di serie di difficile reperibilità e altresì ingombranti.
Con questa soluzione l’accessibilità al filtro rotore dell’olio rimane inalterata.
Per filtrare l’aria in ingresso ho applicato un comune filtro del tipo usato nei compressori casalinghi.
Con un raccordo a 90°, del tipo ad innesto rapido, ho usato del tubo rilsan da 10mm (interno 8mm), per collegarmi a un attacco a croce al quale ho collegato un pressostato elettrico tarato a 6 bar che interrompe l’alimentazione alla puleggia del compressore, una valvola di sicurezza che sfiata in caso di mancato arresto del compressore e una valvola di non ritorno, in linea, per evitare che l’aria nel tratto compreso fino alla valvola tubeless possa tornare indietro danneggiando le delicate valvole del compressore.
Dall’attacco a croce sono andato nei pressi della portiera, lato guidatore, dove, protetto dal tubo sottoporta, ho fissato un attacco maschio al quale collegare al momento il tubo spiralato con la pistola gonfiagomme. Ho preferito usare un attacco maschio perchè non può bloccarsi con acqua e polvere come l’attacco femmina.
Durante le numerose prove non ho riscontrato nessun problema, il compressore funziona bene e sembra che il grasso svolga il suo servizio. Per fortuna la grande potenza del Sanden fa si che rimanga in funzione per poco tempo e quindi rispetto all’uso per cui è nato l’usura è veramente minima.
L’unica accortezza è l’aggiunta periodica di grasso (Kareela indica per l’Endless 5000km, anche se non capisco che rapporto ci sia tra km percorsi e m3 di aria prodotta).
N.B. Non sono un esperto di compressori A/C, ho usato questo modello perchè è l’unico che avevo sottomano quindi se avete altri modelli provate a fare ricerche nel web per capire se sono compatibili con questo utilizzo.
Tools per smontare la pompa master
Chi ha cambiato la pompa della frizione – in inglese brake master pump- sa bene quanto lavoro comporti l’intera operazione.
Pur seguendo la procedura che negli anni è stata codificata e ben illustrata nei vari Forum, che comporta lo smontaggio dell’intero castelletto, rimane un lavoro lungo che necessita dell’aiuto di una persona almeno per alcune operazioni.
Dovendo cambiare la mia master mi sono posto come obiettivo di fare l’intervento tutto da solo smontando meno componenti possibili.
Per estrarre la pompa dal castelletto si devono allentare due viti con testa e dado da 13mm; alla vite superiore si accede facilmente con una bussola per la testa della vite e una normale chiave piana per il dado (dopo la rimozione della tubazione in metallo della linea ad alta pressione), ma la seconda vite è veramente ben nascosta e perfettamente in asse con la pompa.
Dopo un attento studio sugli spazi a disposizione sono arrivato alla conclusione che si poteva fare e forte della mia idea mi sono inventato due attrezzi.
Il primo è una semplice chiave a cricchetto da 13mm che ho tagliato e accorciata fino a 11,5 cm per raggiungere il dado che si trova esternamente al castelletto. Ho risaldato la parte a forchetta solo per il piacere di avere una chiave completa.
Il secondo, più complesso, si tratta di una chiave a “pipa” fatta da una bussola poligonale da 13mm alla quale ho saldato un tondino di ferro da 6mm di diametro. La forma è molto particolare perchè deve entrare nel poco spazio che il leveraggio del pedale e il perno di comando lasciano, inoltre deve arrivare alla testa della vite che si trova molto incassata sotto alla pompa.
Dopo varie prove sono arrivato a questo “oggetto”.
n.b. la prolunga è solo incidentale, cioè a furia di modifiche era troppo corto il tondino utilizzato in partenza ;-(
Spero che le foto siano abbastanza esplicative anche se hanno solo lo scopo di dare un idea di quanto ho realizzato e non certo la pretesa di permetterne una riproduzione degli oggetti dalla sola visione.
In effetti avrei voluto dare qualche indicazione per rifarne una copia per chi fosse interessato ma è francamente impossibile quotare quanto realizzato. Lo scopo di quanto illustrato è più per dare uno spunto per chi volesse seguirmi in questa idea.
Di seguito due fotografie che illustrano l’utilizzo degli attrezzi sul campo, le immagini non sono chiarissime ma fare macrofotografie non è il mio lavoro 🙂
La chiave a pipa non può girare, naturalmente, ma serve solo per tenere ferma la testa della vite.
Con la chiave a cricchetto si riesce a svitare e poi riavvitare abbastanza agevolmente il dado posteriore.
La foto sotto riproduce ancora la chiave prima versione, ho lasciato la foto solo a scopo esplicativo.
In questo disegno si può vedere la testa della vite e il dado che si devono svitare.
Alla fine sono arrivato a questo risultato, raggiunto in perfetta solitudine, senza smontare nulla che non sia la pompa stessa.
E’ evidente che l’intera operazione non è una passeggiata, si lavora in spazi stretti al limite dell’operatività, però si può fare…
A seguito di quanto descritto sopra un amico conosciuto in rete, Sparviero, ha rifatto quanto avevo illustrato con l’ausilio di attrezzi non autocostruiti ma con prodotti commerciali reperibili facilmente.
Questo è il testo esplicativo con le foto quote del bel lavoro fatto:
Operazione pompa master eseguita, il metodo Crivelli funziona egregiamente.
Le chiavi sono servite egregiamente allo scopo e quindi allego qualche fotografia quotata per chi volesse prepararsi all’operazione e non dispone, come me, di una saldatrice.
La chiave da 13 corta è una Beta n° di catalogo 142C che si trova scontata a 6€ mentre la seconda si crea facilmente partendo da un tondino da 10 mm sul quale, con una lima, si crea il quadro per l’inserimento della bussola.
Si fa poi un foro diametro 4 mm subito dopo il quadro ricavato a lima dove verrà infilato il tondino da 4 mm piegato ad angolo retto e fissato con cianoacrilato o ribattuto.
Sul quadro si fa poi un forellino dove verrà infilato un pezzettino di filo di ferro tenuto da un po’ di nastro adesivo per bloccare la bussola Beta da 13 mm n° di catalogo 900 dal costo di 2€.
L’ultima operazione è il taglio del tondino a 12 mm.
Se vengono mantenute le misure in fotografia la chiave non avrà il benché minimo problema ad inserirsi nel vano pompa ed il fatto che sia poligonale non crea problemi nell’inserimento nella testa del bullone poiché basterà iniziare a svitare, con la chiave a cricchetto, il relativo dado e appena il bullone ruoterà automaticamente la sua testa andrà ad incassarsi nella bussola.
La stessa chiave, lasciata in sito, manterrà il bullone nella sua posizione durante il reinserimento della nuova pompa.
Snorkel – seconda versione
Anche se soddisfatto del precedente snorkel ho preso in considerazione la realizzazione di un’uscita del tubo classica, cioè attraverso la parte superiore del parafango come normalmente si faceva nelle realizzazioni artigianali sui 200-300Tdi.
Premetto che lo snorkel mi serve solo per fare respirare meglio il motore, eliminando il più possibile l’ingresso di sabbia e polvere, ma non è ottimizzato per l’uso in acqua. Nonostante ciò tutti gli interventi sulla scatola e i condotti sono stati fatti con rivetti ciechi, cioè del tipo con l’estremità chiusa anche dopo il distacco del chiodo.
Un’altra caratteristica importante è la possibilità di montarlo/smontarlo in brevissimo tempo perchè quando non viaggio amo girare con la macchina di serie, senza troppi fronzoli.
Per realizzare la parte rigida ho usato un tubo da 75mm di Ø (tipo DIN 70), usato normalmente in campo idraulico, molto robusto e disponibile con curve di diverse angolazioni mentre per il raccordo elastico ho usato un tubo telato impermeabile all’aria con anima in filo di acciaio.
Osservando l’interno del vano motore ho individuato lo spazio necessario per fare passare il tubo elastico senza che questo interferisca con alcuno oggetto, rovinandosi.
Il primo studio fatto è stato stabilire dove fare il foro per la curva di entrata. Se si vuole usare un filtro tipo K&N è molto semplice perchè il filtro ha un’altezza ridotta, ma se si vuole usare il filtro di serie in carta bisogna fare il foro nel punto più basso possibile.
Questo l’ho scoperto a mie spese perchè avendo installato un filtro K&N ho fatto tutte le prove e misure con questo, dimenticandomi che è alto circa la metà di quello in carta.
Infatti montando quello in carta il foro di entrata rimaneva ostruito in maniera significativa. Questo mi ha costretto a rifare il foro più in basso, infatti nella seconda foto, più sotto, si vede chiaramente la piastra che ho dovuto rivettare per rimediare al pasticcio.
Stabilito dove forare è stato necessario modificare il telaietto porta scatola per fare passare la curva di uscita senza interferenze, eliminando la traversina obliqua per rifarla appena più indietro.
Nel caso che si voglia usare un K&N la traversa si può solo assottigliare di 3-4mm.
Dopo il telaio sono passato a modificare la scatola togliendo il manicotto originale e demolendo la sua prosecuzione all’interno per aumentare al massimo il volume interno già ridotto per l’aria necessaria al td5.
Con del lamierino da 1,5mm ho chiuso il vecchio foro di ingresso mentre con del lamierino sottilissimo ho chiuso le piccole aperture che si trovano nel fondo compresa l’uscita del becco ad anatra.
Ovviamente, oltre all’impiego dei rivetti, ho sigillato tutto con del silicone.
Con l’aiuto di un seghetto alternativo ho praticato il foro dal quale esce la curva da 67° fissata con quattro squadrette a L e sigillata.
Questo è il risultato ottenuto.
La parte più impegnativa si conclude qui. Per portare il tubo telato all’esterno ho rifatto con della robusta plastica un nuovo coperchio del parafango al quale ho praticato un foro dove fare passare ed unire due curve (90°), orientandole a dovere.
Qui si vede il percorso che compie il tubo telato dalla scatola filtro al parafango.
Per finire lo snorkel ho utilizzato quanto avevo già realizzato in precedenza modificandolo per l’installazione a sinistra.
Questo è il risultato finale.
Snorkel – prima versione
Quando ho preso in considerazione l’idea di realizzare lo snorkel mi sono posto l’obiettivo di penalizzare il meno possibile l’aspirazione, a mio parere già asfittica per via della scatola filtro non adeguata nelle dimensioni ma soprattutto ai condotti che vanno alla presa d’aria esterna.
Avendo a disposizione un secondo cofano che uso solo per i viaggi, ho deciso di “sacrificarlo” praticando un foro per il passaggio del nuovo tubo di aspirazione.
Il tubo flessibile usato è del tipo telato con annegata una spirale di acciaio dal diametro di circa 80 mm.
Per avere una buona tenuta ho applicato al condotto di uscita della scatola del filtro, che è di circa 75 mm di diametro, un tratto di camera d’aria molto spessa in modo da avere un montaggio forzato del tubo.
Proseguendo nel suo tragitto verso l’esterno ho trovato un passaggio che mi ha permesso di raccordarmi con il tratto rigido esterno che è costituito da un semplice tubo in plastica per uso idraulico al quale ho applicato un ciclone.
La tenuta tra i vari elementi rigidi è costituita dalle guarnizioni già presente nei tubi ma, lo sottolineo, lo snorkel è stato pensato solo per ridurre l’afflusso di polvere e non per i guadi.
Il tratto rigido è stato fissato tramite tre fascette metalliche ad una piattina che a sua volta è stata fissata, in alto alla grondaia tramite due viti mentre in basso è stata fissata al copri ex-cerniera del parabrezza. Alla fine questo è il risultato finale.
Dopo la pubblicazione della foto sopra mi è stato suggerito di far lavorare il ciclone in posizione orizzontale, consiglio che ho ritenuto corretto.
Questo è l’aspetto attuale della parte terminale, non perfettamente orizzontale ma la curva che ho reperito in commercio era quella che più si avvicinava al valore corretto.
Rimozione radiatore EGR – Euro3
La modifica che vado ad illustrare è valida solo per Defender con radiatore monomassa e rientra in quelle che non sono indispensabili (ma utili per eliminare tutto quello che non serve), perchè il radiatore che raffredda i gas di scarico nei modelli Euro3 può essere lasciato al suo posto anche dopo l’eliminazione dell’EGR/ILT in quanto è in posizione protetta e solidamente assicurato alla parte frontale del monoblocco.
L’intervento non è difficile ma per la collocazione delle viti da allentare e per il poco spazio a disposizione per rimuovere il tubo in metallo originale può risultare un po’ ostico. Inoltre una parte del liquido di raffreddamento va scaricato.
Prima di rimuovere il tubo originale è necessario svuotare parte dell’impianto di raffreddamento. La quantità di liquido che esce è discreta, almeno 4-5 litri.
E’ necessario smontare anche il carter che copre il turbo e consigliabile togliere la scatola filtro.
La seconda cosa da fare è rimuovere il tubo originale che è fissato con due viti alla parte posteriore del monoblocco e con una vite alla parte inferiore del radiatore carburante mentre il radiatore è fissato con due viti alla parte anteriore del monoblocco e un dado nella parte inferiore, un po’ nascosto.
Fatto questo è sufficiente chiudere l’uscita dal radiatore dell’olio con il tappo (caro) previsto da una modifica da Land Rover (pn PYB500040) e chiudere analogamente il foro posto sotto la vaschetta di espansione.
Eliminazione del sistema di riciclo dei gas di scarico EGR/ILT
Il sistema del riciclo dei gas di scarico pone secondo me due problemi:
il primo è che riduce grandemente il passaggio dell’aria (sopratutto nella versione con ILT – da MY02-Euro 3), ed il fatto che ci sia il turbo a spingere aria secondo me non cambia sostanzialmente nulla in fatto di ostruzione.
Il secondo è che l’utilizzo di una parte dei gas di scarico non favorisce di certo una buona combustione.
Per eliminare questi due aspetti negativi bisogna rimuovere il gruppo EGR/ILT ed impedire ai gas di scarico di passare dal collettore di scarico a quello di aspirazione.
Per capire meglio come funziona l’intero sistema si possono consultare le foto qui sotto.
In commercio si trovano kit per risolvere entrambi i problemi ma si può provvedere anche personalmente, magari non nel costruire i due oggetti principali ma almeno per il loro corretto montaggio che non necessitano certamente di un meccanico.
Però per chi volesse fare tutto da sé di seguito ci sono i link con i disegni quotati:
a) misure quotate per riprodurre il by-pass libero
b) misure quotate per riprodurre la piastrina
n.b. non ho nessun legame con la ditta che ha eseguito, gentilmente, il disegno quotato.
Nelle foto seguenti si possono vedere il collettore già privo di valvola e con il by-pass e la piastrina che chiude il collettore di scarico.
Per iniziare si deve eliminare il tubo corrugato (nr. 27 – Euro2) oppure quello corto che collega il collettore di aspirazione al radiatore posto davanti al monoblocco (Euro3).
Fatto ciò si deve chiudere il foro del collettore di aspirazione con la piastrina mettendo della pasta rossa per sigillare bene.
Il foro libero del radiatore si può lasciare libero senza problemi.
Sul lato opposto rimuovere il gruppo EGR e al suo posto montare il manicotto.
Per completare l’intervento si devono sigillare con molta cura i due tubetti (particolari 6 e 7) che si collegano alla valvola EGR/ILT. Un sistema semplice consiste
nell’utilizzare un cilindretto di metallo con un diametro di 5mm infilato nella pipetta (particolare 8) che si trova sul tubo principale che parte dalla pompa posta sull’alternatore.
Io ho usato un chiodo tagliato a misura fissando la pipetta con un semplice giro di filo di ferro per sicurezza.
Con questa unico intervento si isola in un solo colpo entrambi i tubetti che vanno al gruppo che si possono rimuovere completamente senza problemi.
I connettori elettrici ai due solenoidi (particolari 23 e 24), si possono lasciare collegati senza problemi oppure rimuovere del tutto perché la centralina non registra nessun errore.
Nella versione Euro 3 vi è anche un radiatore (particolare 15) che raffredda i gas di scarico sfruttando il liquido di raffreddamento ma che si può lasciare al suo posto per una rapida riconversione.
Per chi volesse spingersi alla pulizia totale del sistema si può eliminare anche il radiatore.
Cruise control
Questa modifica sembrerebbe in contrasto con la natura spartana e un po’ rude del Defender però proprio l’incedere lento su autostrade o lunghe distanze in generale rende utile questo dispositivo.
Previsto come optional sul Discovery è del tutto assente per il Defender che però, condividendo gran parte della gestione elettronica del motore, è predisposto almeno per quanto riguarda la centralina di tipo NNN.
La modifica consiste nel collegare un interruttore e due pulsanti al connettore nero della centralina secondo lo schema:
L’interruttore “I” consente di inserire o escludere manualmente il CC evitando l’uso accidentale e l’accensione del led “L” ne conferma il suo funzionamento.
Il CC non funziona al di sotto dei 45 km/h di velocità e solo con il riduttore del Defender, cioè nel caso che si monti quello del Discovery, modifica fatta da chi vuole una 5^ più lunga il CC non funzionerà. Analogamente per chi decide di cambiare i rapporti del cambio con la 5^ marcia più lunga.
Un elemento di sicurezza obbliga ad avere, oltre all’interruttore dei freni, collegato anche lo switch della frizione che tanti possessori di Td5 staccano. Premendo il pedale del freno o della frizione il cruise si esclude.
Il primo pulsante “P1” serve per impostare la velocità desiderata premendolo una volta quando la si è raggiunta.
Una volta impostata la si può aumentare di un km/h per volta ad ogni successiva pressione.
Il secondo pulsante “P2” serve per sospendere momentaneamente il cruise e a ripristinarlo alla velocità già impostata appena lo si ritiene opportuno.
Prima di procedere con il montaggio è necessario munirsi di quattro spinette da inserire nel connettore.
Le spinette sono prodotte da Tyco Electronics – AMP e sono identificate con il numero 183025-1.
Queste spinette sono reperibili, ad esempio, in questo sito:
http://it.farnell.com/jsp/search/productdetail.jsp?sku=151075
Per fare un cablaggio ordinato è consigliabile usare un cavo multipolare che andrà inserito dentro un tubo spiralato del tipo usato normalmente per mettere sotto traccia gli impianti elettrici nei muri.
Dal vano centralina si raggiunge facilmente il vano motore passando nel tunnel che sovrasta il cambio e da lì si risale fino ad arrivare alle spalle del cruscotto.
Io ho posizionato i tre elementi del cruise in questo modo:
Il pulsante a sinistra è il P1, quello a destra il P2 mentre l’interruttore è quello rosso sopra alla leva del ventilatore.
Il led che segnala l’attivazione del cruise è posizionato accanto al tachimetro indicato dalla freccia.
Rilevatore temperatura dei gas di scarico
Uno dei parametri più importanti da tenere in considerazione su di un motore turbo diesel è senz’altro la temperatura dei gas di scarico. Conoscere questo dato aiuta ad utilizzare al meglio la potenza a disposizione senza fare danni al motore.
Per monitorare il mio TD5 ho usato il kit venduto da www.nakatanenga.com
Nella confezione vi è compresa la sonda, la piastrina già predisposta sulla quale montarla e fissarla sul collettore di scarico e lo strumento con display.
Per montare la sonda è necessario rinunciare al riciclo dei gas di scarico, conosciuto anche come EGR, eliminando uno dei componenti indicati dalle frecce rosse (Euro 3 – particolare 15, Euro2 – particolare 27).
Questa modifica è necessaria perché, come si vede chiaramente nella foto sotto, al posto del tubo corrugato in acciaio dell’EGR, si monta la piastrina fornita.
Montata la sonda si sceglie il percorso che si ritiene più idoneo, io ho seguito il perimetro del parafango sinistro, per portare il cavetto elettrico nell’abitacolo.
Fatto ciò non rimane che posizionare il visore tenendo conto che oltre al cavo proveniente dal cofano si deve collegare anche l’alimentazione di 12V.
Il display ha un’ottima visibilità, anche con luce solare diretta, ma si deve avere l’accortezza di non metterlo perfettamente verticale ma leggermente inclinato.
Questa parte del cruscotto del Defender è praticamente perfetta per avere una buona visuale dello strumento.
Una volta completato i collegamenti elettrici non rimane che accendere il motore.
Al di sotto dei 100°C il display mostra solo quattro trattini ma basta percorrere poche centinaia di metri perché la sonda rilevi la temperatura mostrandola.
Lo strumento è programmabile a piacere per impostare la temperatura che riteniamo giusto non oltrepassare; raggiunto questo valore il display, che normalmente ha uno sfondo azzurro, diventa rosso segnalando la situazione di pericolo.
Con la pratica si nota subito che la temperatura varia in modo repentino in funzione del carico, in modo indipendente dalla velocità ma più influenzata dalla pressione sul pedale dell’acceleratore.
Per dare un valore di riferimento, a 110km/h, con macchina scarica e in pianura, si rilevano poco più di 300°C ma è sufficiente affondare il piede in un sorpasso oppure affrontare una salita per vedere la temperatura salire fino a 500°C e oltre.
In un moderno turbo diesel la temperatura dei gas di scarico può raggiungere temperature nell’ordine degli 800°C che sono da considerarsi già a grosso rischio di rotture meccaniche.
Una comoda funzione fornita dallo strumento è la memorizzazione, e successiva visualizzazione, della massima temperatura raggiunta in modo da sapere a quanti gradi si è distrutto il motore 🙂
Disabilitare l’immobilizzatore AS10
Gli appassionati del Defender, e del marchio Land Rover in generale, sono molto conservatori e ogni qualvolta che esce un nuovo modello si scatena la caccia al difetto invece di prendere in considerazione le migliorie.
Il TD5 è stato sicuramente uno dei modelli che più hanno sofferto questa situazione per via dell’impiego di molti componenti elettronici prima sconosciuti. La non conoscenza è stata di fatto l’unico vero tallone di Achille perché alla fine, dopo che è stato in produzione per molti anni, anzi la motorizzazione più longeva in casa L.R., si può affermare che l’elettronica di cui è equipaggiato questo grande motore è sicuramente molto affidabile.
I problemi che si sono riscontrati sono stati più di natura elettrica che elettronica ma i meccanici tradizionali, già spesso a digiuno della prima hanno fatto prima a bollare il TD5 che a studiarlo per capire come risolvere alcuni difetti di gioventù.
Tra i tanti fantasmi il più temuto, almeno per chi usa il Defender per viaggiare è l’immobilizzatore.
Anche in questo caso l’antifurto non ha mai creato grossi problemi, qualcuno è rimasto in panne nei pressi di grossi campi elettromagnetici, nei pressi di grossi elettrodotti, ad esempio, però nulla di veramente irrisolvibile al momento.
Ciò premesso, molti si sono rivolti a specialisti del settore per rimuovere l’antifurto, anche momentaneamente, giusto il tempo per effettuare un viaggio.
Con l’avvento del Nanocom questa operazione è possibile farla in totale autonomia, basta modificare alcuni parametri.
Per incominciare sconsiglio vivamente di cambiare l’impostazione del paese, come spesso suggerito, perchè non si ha un reale controllo di quali parametri si vanno a modificare.
Per la gestione dell’antifurto è possibile utilizzare il Nanocom a motore acceso o spento in modo indifferente, dopodiché è sufficiente accedere al menu AS10 e poi alla funzione READ SETTING ed impostare i parametri PLIP IMMOBILIZE e PASSIVE IMMOBILIZER su DISABLED. Ricordarsi di salvare i nuovi valori tramite la funzione WRITE SETTING. Per verificare che l’operazione sia andata a buon fine si deve chiudere le portiere della macchina, attendere alcuni minuti, e senza avere nelle vicinanze il telecomando accendere il motore; se questo avviene l’immobilizzatore è disattivato. Una considerazione finale molto importante: anche se l’immobilizzatore è disabilitato, la centralina principale dialoga sempre con la centralina AS10 dell’antifurto tanto che se quest’utlima si dovesse rompere il motore non partirebbe comunque. Non conosco casi di centraline AS10 guaste però per essere veramente certi di non avere problemi tra i ricambi ci dovrebbe essere una centralina AS10. Scrivo questo per dare un’informazione completa.
Riconoscimento telecomando
Per Defender TD5 o Puma TD4 (solo se con centralina AS10)
La procedura per fare riconoscere alla centralina AS10 il telecomando che abilita/disabilita l’immobilizer è la seguente:
1. a quadro spento accendere il Nanocom nella funzione diagnostic;
2. scegliere il modulo Defender – TD5 o Puma a seconda del caso;
3. scegliere il modulo AS10
4. scegliere il menu UTILITY
5. scegliere la funzione PLIP LEARN
6. premere su start e tenendo il telecomando vicino al blocchetto di avviamento premere un tasto a caso in modo continuo (una pressione al secondo, circa) fino a che il clacson o le frecce si azioneranno.
Il telecomando è riconosciuto.
Attenzione: la centralina memorizza l’ultimo telecomando cancellando tutti i preesistenti, quindi se si devono far riconoscere più telecomandi (fino a quattro), la procedura deve essere fatta contemporaneamente per tutti i telecomandi.
Per chiarezza, dopo che il primo telecomando è stato riconosciuto iniziare a premere il tasto del secondo telecomando senza uscire dalla procedura fino a che anche il secondo telecomando è stato riconosciuto e così via fino al quarto.
Miglioramento masse per Nanocom
Quasi tutti i problemi di comunicazione tra il Nanocom e la centralina sono dovuti a cattiva massa. Nei casi lievi si hanno letture discontinue oppure spegnimento del Nanocom perchè dopo un tot di tempo senza comunicazione si spegne in automatico. Nei casi più gravi una cattiva comunicazione può impedire la rimappatura della centralina o addirittura la sua morte in quanto una scrittura terminata al momento sbagliato fa si che non si possa più fare altre scritture, quindi macchina ferma.
Consigli per il miglioramento delle masse
Simulatore Nanocom
Chiavi per lo smontaggio ventolone
Per chi fosse interessato alla costruzione degli attrezzi per lo smontaggio del ventolone, grazie alla collaborazione dell’amico Silvio Vannini di Roma, pubblico un disegno quotato delle chiavi.
Un ulteriore occasione è la possibilità di fare le chiavi con il file in formato per Autocad