Botola ispezione pompa gasolio per il 110

Un problema grave che può affliggere un Defender TD5 è il blocco della pompa elettrica, situata all’interno del serbatoio,  causato  dallo sporco che ottura il filtro a retina posto nella parte inferiore del gruppo pompa.
La sua occlusione impedisce alla pompa di aspirare gasolio bloccando l’alimentazione al motore.
La foto sotto mostra lo stato del mio filtro dopo 70.000km. Per fortuna il filtro adottato dal 2001 in poi ha il vantaggio di avere un pescaggio alto per via della forma  a L e una rete a trama molto fitta.
In questo caso la pompa inizia a fischiare perché non riesce a pescare gasolio ma la semplice pulizia del filtro risolve quasi sempre il problema.

Nelle pompe di primo tipo, invece, il filtro pescava solo in basso ed era munito di una rete a maglie larghe.
In questo caso la semplice pulizia non basta perché lo sporco bassa riuscendo a bloccare la pompa.
In entrambi i casi il danno è notevole perché la macchina si arresta inesorabilmente ma nonostante ciò Land Rover non ha previsto ne un tappo di scarico, per pulire periodicamente il fondo, ne una botola di ispezione per accedere facilmente al serbatoio.
Purtroppo lo smontaggio del serbatoio non è un operazione semplice da farsi, anzi, e in ogni caso se la pompa è già grippata non si risolve il problema se non cambiando la pompa guasta con una nuova.
Per prevenire il problema ho pensato di fare una botola nel pianale di carico per accedere in caso di emergenza, ma soprattutto a scopo ispettivo-preventivo, alla pompa stessa.
Fare il foro, pur essendo semplice nella sua esecuzione, è difficoltoso perché non c’è modo di vedere la zona sotto al pianale senza smontare il serbatoio.
Quando ho deciso di fare la botola ho iniziato con molta apprensione facendo alcuni piccoli fori nella zona dove pensavo ci fosse la pompa e con molta pazienza, una fonte luminosa e uno specchietto attaccato ad un lungo sostegno ho fatto una serie di rilievi e ipotesi su dove intervenire per non forare a sproposito il pianale o peggio danneggiare la pompa e i raccordi.
Alla fine sono arrivato a fare la botola della foto.
Il taglio del pianale è stato fatto in parte con un seghetto alternativo, in parte con un seghetto a mano (nel senso che ho tenuto in mano la lama perché non c’era spazio per l’archetto), rifinendo il tutto a lima. Per non fare guai ho eseguito una serie di tagli allargando sempre di più il foro sino ad arrivare ad estrarre la pompa. Così facendo ho ottenuto il foro più piccolo possibile.
Qui trovate le misure quotate della botola110 per riprodurre il foro.
Purtroppo quasi sopra la pompa ci sono due nervature per irrobustire il pianale, una in senso longitudinale, l’altra in senso trasversale, fatte con un profilato a U che ho dovuto in parte tagliare.
In effetti la traversa longitudinale è stata solo sfiorata mentre per la seconda l’intervento è stato più invasivo perché ho tagliato parti della U ma preservando il lato che in quel punto lavora di costa. Nella foto ho messo in evidenza le parti della traversa latitudinale tagliate (in rosso) e quelle non tagliate (in giallo). Dell’altra traversa ho tagliato solo pochi millimetri della parte messa in evidenza e solo la parte corrispondente al tratto A della prima.
Nonostante l’intervento l’impressione è che il pianale non abbia sofferto per niente perché la botola misura solo 13,5 cm per 14,5 cm e quindi molto piccola.
Osservando il foro della botola si noterà che non è in asse con la pompa ma è spostato verso la parte anteriore del pianale; ho usato questo accorgimento perché mi ha permesso di non tagliare completamente la traversa.
Una volta fatto il foro ho smontato la pompa per verificarne lo stato.
Per fare ciò ho scollegato i quattro tubi muniti di raccordo ad innesto rapido e il connettore elettrico. La pompa è tenuta in sede da una grossa ghiera che andrebbe smontata con un attrezzo specifico. In realtà io ho costruito un sostituto che ha funzionato bene.
In seguito all’uso ho modificato i piedini dell’attrezzo facendo dei piccoli intagli.
Lo scopo di questi intagli è quello di infilarsi dentro al foro presente nelle gobbette sulla ghiera in modo da non permettere all’attrezzo di scappare in avanti aiutando a concentrare tutta la forza nello svitare e non anche nel premere verso il basso per tenere in sede i piedini.
Il rimontaggio della pompa può risultare difficoltoso perché la guarnizione di tenuta, essendo a contatto con il gasolio, si può gonfiare non volendone più sapere di rientrare in sede. In previsione dello smontaggio consiglio di procurarsi una guarnizione nuova (codice L.R.  ESR3806). Nel caso non fosse possibile consiglio di mettere prima in sede la guarnizione e poi, delicatamente, di infilare la pompa. Il corpo pompa entra bene fino al tubetto verde dell’alta pressione che andrà forzato un po’ all’interno.
Facendo una discreta pressione si terrà la pompa bloccata sul fondo avvitando la ghiera a mano fino a che è possibile, poi sarà meglio finire il montaggio affidandosi ad una chiave dinamometrica (il valore di serraggio si trova stampigliato sulla ghiera stessa).
La botola, infine, è stata richiusa con un coperchio che appoggia da un lato su di una battuta avvitata al pianale con tre viti e dall’altro lato infilandosi tra il pianale e la traversa sottostante.

Per chi volesse documentarsi meglio sul funzionamento della pompa qui si trova quanto serve:

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Aria compressa con un condizionatore A/C

Questo progetto nasce dalla necessità di avere un sistema di produzione di aria molto efficiente.
Durante i viaggi in Sahara si è spesso costretti, per adeguare la pressione delle gomme al tipo di terreno che si incontra, a frequenti situazioni di “sgonfia/gonfia”.
Da tempo accarezzavo questa idea e dopo essermi documentato ho realizzato quanto segue.
Sono partito da un compressore Sanden, molto comune e diffuso su svariati modelli di auto, facilmente reperibile presso un demolitore. Io ho utilizzato un SD7H15 – tipo 7830, definito da Sanden per uso generico.
La differenza tra i vari tipi di SD7H15 sta principalmente nel coperchio posteriore previsto con diversi attacchi (vedere a pag. 9 del manuale).
Qui trovate il manuale Sanden (1.7mb – pdf)
L’utilizzo di questo tipo di compressore è reso difficoltoso dal metodo di lubrificazione adottato.
Il lubrificante, contenuto nel carter, viene miscelato e messo in circolo durante il normale funzionamento dal gas refrigerante assicurando la lubrificazione dei due grossi cuscinetti a rulli e dei sette pistoncini (dotati di due fasce elastiche in teflon).
Volendo usare il compressore per produrre aria compressa questo sistema non è adottabile perchè in breve tempo l’olio viene espulso insieme all’aria.
In altre realizzazioni ho visto usare un oliatore, posto a monte per lubrificare, e un diseoliatore, messo a valle del sistema, per recuperare l’olio espulso insieme all’aria.
Perseguendo la ricerca della massima semplicità, ho cercato un altro modo per ovviare a questo grosso problema adottando il sistema già usato nel compressore Endless e cioè usando del grasso.
Il grasso usato è del tipo per cuscinetti in gradazione GL2 nella quantità di 140gr. introdotto dal tappo posto sul corpo. Queste specifiche mi sono state gentilmente fornite dalla Kareela Engineering che produce l’Endless.
Per limitare al massimo l’espulsione del grasso (che avviene nonostante la densità dello stesso), occorre fare una piccola modifica chiudendo con una vite senza testa il passaggio tra la zona pistoni e la testa come mostrato in questa foto trovata in rete.

Risolto il problema della lubrificazione ho affrontato il montaggio del compressore nell’alloggiamento previsto di serie.
Gli attacchi che si trovano sul carter motore non hanno nulla a che vedere con quelli presenti sul Sanden e per ovviare a questo ho usato i supporti forniti nelle prime versioni del TD5 (credo 1998-99 al massimo), che venivano fornite con un kit Diavia che usava dette staffe, per montare un Sanden, appunto.
Purtroppo non credo che sarà facile trovarle ma in ogni caso questo è il codice che ho trovato stampigliato su di esse: 0021513199.
Queste staffe permettono il montaggio del compressore ruotato di circa 45° rispetto al piano normale inserendolo perfettamente nello spazio previsto ma consentendo di evitare il taglio della copertura del ventolone.
Il corpo del compressore va facilmente modificato tagliando a filo del corpo carter le alette forate indicate con le lettere B e F in questa fotografia.
 
 
Facendo attenzione a bene allineare le pulegge (i fori delle staffe non sono precisi), ho completato il montaggio sostituendo la cinghia di serie con quella prevista da Land Rover (PN. PQS101500), per i modelli forniti di aria condizionata.
Per chi non ha l’aria condizionata è necessario rimuovere una puleggia (quella tenuta dalla vite nr. quattro), e far percorrere alla cinghia un nuovo percorso.
Qui trovate entrambi gli esempi che vi aiuteranno nel montaggio:
motore senza AC
 

motore con AC
 
Se montate una cinghia nuova potrebbe essere di difficile inserimento perciò consiglio di legare il tendicinghia verso il basso in modo da non dover lottare anche con lui nella già dura prova. Poi allineate molto attentamente la cinghia nelle gole lasciando per ultimo il tratto liscio della grossa puleggia libera che si trova sulla destra, sotto al compressore. Prima di avviare il motore controllate ancora una volta che la cinghia sia ben inserita nelle gole e che sia ben centrata nelle parti lisce.
Questo è il compressore montato.
Il resto dell’impianto è stato realizzato nella massima semplicità. In tal senso ho scartato l’idea di un serbatoio di accumulo dell’aria perchè il Sanden ha una produzione di aria tale da ritenerlo superfluo, almeno per il momento.
Filettando internamente (con passo da 3/8″), i fori di entrata (S) e uscita (D) dell’aria posti sul coperchio posteriore, ho usato dei comuni raccordi in sostituzione di quelli di serie di difficile reperibilità e altresì ingombranti.
Con questa soluzione l’accessibilità al filtro rotore dell’olio rimane inalterata.
Per filtrare l’aria in ingresso ho applicato un comune filtro del tipo usato nei compressori casalinghi.
Con un raccordo a 90°, del tipo ad innesto rapido, ho usato del tubo rilsan da 10mm (interno 8mm), per collegarmi
a un attacco a croce al quale ho collegato un pressostato elettrico tarato a 6 bar che interrompe l’alimentazione alla puleggia del compressore, una valvola di sicurezza che sfiata in caso di mancato arresto del compressore e una valvola di non ritorno, in linea, per evitare che l’aria nel tratto compreso fino alla valvola tubeless possa tornare indietro danneggiando le delicate valvole del compressore.

Dall’attacco a croce sono andato nei pressi della portiera, lato guidatore, dove, protetto dal tubo sottoporta, ho fissato un attacco maschio al quale collegare al momento il tubo spiralato con la pistola gonfiagomme. Ho preferito usare un attacco maschio perchè non può bloccarsi con acqua e polvere come l’attacco femmina.
Durante le numerose prove non ho riscontrato nessun problema, il compressore funziona bene e sembra che il grasso svolga il suo servizio. Per fortuna la grande potenza del Sanden fa si che rimanga in funzione per poco tempo e quindi rispetto all’uso per cui è nato l’usura è veramente minima.
L’unica accortezza è l’aggiunta periodica di grasso (Kareela indica per l’Endless 5000km, anche se non capisco che rapporto ci sia tra km percorsi e m
3 di aria prodotta).
N.B. Non sono un esperto di compressori A/C, ho usato questo modello perchè è l’unico che avevo sottomano quindi se avete altri modelli provate a fare ricerche nel web per capire se sono compatibili con questo utilizzo.

Tools per smontare la pompa master

Chi ha cambiato la pompa della frizione – in inglese brake master pump- sa bene quanto lavoro comporti l’intera operazione.
Pur seguendo la procedura che negli anni è stata codificata e ben illustrata nei vari Forum, che comporta lo smontaggio dell’intero castelletto, rimane un lavoro lungo che necessita dell’aiuto di una persona almeno per alcune operazioni.
Dovendo cambiare la mia master mi sono posto come obiettivo di fare l’intervento tutto da solo smontando meno componenti possibili.
Per estrarre la pompa dal castelletto si devono allentare due viti con testa e dado da 13mm; alla vite superiore si accede facilmente con una bussola per la testa della vite e una normale chiave piana per il dado (dopo la rimozione della tubazione in metallo della linea ad alta pressione), ma la seconda vite è veramente ben nascosta e perfettamente in asse con la pompa.
Dopo un attento studio sugli spazi a disposizione sono arrivato alla conclusione che si poteva fare e forte della mia idea mi sono inventato due attrezzi.
Il primo è una semplice chiave a cricchetto da 13mm che ho tagliato e accorciata fino a 11,5 cm per raggiungere il dado che si trova esternamente al castelletto. Ho risaldato la parte a forchetta solo per il piacere di avere una chiave completa.
Il secondo, più complesso, si tratta di una chiave a “pipa” fatta da una bussola poligonale da 13mm alla quale ho saldato un tondino di ferro da 6mm di diametro. La forma è molto particolare perchè deve entrare nel poco spazio che il leveraggio del pedale e il perno di comando lasciano, inoltre deve arrivare alla testa della vite che si trova molto incassata sotto alla pompa.
Dopo varie prove sono arrivato a questo “oggetto”.
n.b.  la prolunga è solo incidentale, cioè a furia di modifiche era troppo corto il tondino utilizzato in partenza ;-(

 

 

Spero che le foto siano abbastanza esplicative anche se hanno solo lo scopo di dare un idea di quanto ho realizzato e non certo la pretesa di permetterne una riproduzione degli oggetti dalla sola visione.
In effetti avrei voluto dare qualche indicazione per rifarne una copia per chi fosse interessato ma è francamente impossibile quotare quanto realizzato. Lo scopo di quanto illustrato è più per dare uno spunto per chi volesse seguirmi in questa idea.
Di seguito due fotografie che illustrano l’utilizzo degli attrezzi sul campo, le immagini non sono chiarissime ma fare macrofotografie non è il mio lavoro 🙂
La chiave a pipa non può girare, naturalmente, ma serve solo per tenere ferma la testa della vite.
Con la chiave a cricchetto si riesce a svitare e poi riavvitare abbastanza agevolmente il dado posteriore.
La foto sotto riproduce ancora la chiave prima versione, ho lasciato la foto solo a scopo esplicativo.

In questo disegno si può vedere la testa della vite e il dado che si devono svitare.

 

 

Alla fine sono arrivato a questo risultato, raggiunto in perfetta solitudine, senza smontare nulla che non sia la pompa stessa.
E’ evidente che l’intera operazione non è una passeggiata, si lavora in spazi stretti al limite dell’operatività, però si può fare…

 

A seguito di quanto descritto sopra un amico conosciuto in rete, Sparviero, ha rifatto quanto avevo illustrato con l’ausilio di attrezzi non autocostruiti ma con prodotti commerciali reperibili facilmente.
Questo è il testo esplicativo con le foto quote del bel lavoro fatto:
Operazione pompa master eseguita, il metodo Crivelli funziona egregiamente.
Le chiavi sono servite egregiamente allo scopo e quindi allego qualche fotografia quotata per chi volesse prepararsi all’operazione e non dispone, come me, di una saldatrice.
La chiave da 13 corta è una Beta n° di catalogo 142C che si trova scontata a 6€ mentre la seconda si crea facilmente partendo da un tondino da 10 mm sul quale, con una lima, si crea il quadro per l’inserimento della bussola.
Si fa poi un foro diametro 4 mm subito dopo il quadro ricavato a lima dove verrà infilato il tondino da 4 mm piegato ad angolo retto e fissato con cianoacrilato o ribattuto.
Sul quadro si fa poi un forellino dove verrà infilato un pezzettino di filo di ferro tenuto da un po’ di nastro adesivo per bloccare la bussola Beta da 13 mm n° di catalogo 900 dal costo di 2€.
L’ultima operazione è il taglio del tondino a 12 mm.
Se vengono mantenute le misure in fotografia la chiave non avrà il benché minimo problema ad inserirsi nel vano pompa ed il fatto che sia poligonale non crea problemi nell’inserimento nella testa del bullone poiché basterà iniziare a svitare, con la chiave a cricchetto, il relativo dado e appena il bullone ruoterà automaticamente la sua testa andrà ad incassarsi nella bussola.
La stessa chiave, lasciata in sito, manterrà il bullone nella sua posizione durante il reinserimento della nuova pompa.

 

Snorkel – seconda versione

Anche se soddisfatto del precedente snorkel ho preso in considerazione la realizzazione di un’uscita del tubo classica, cioè attraverso la parte superiore del parafango come normalmente si faceva nelle realizzazioni artigianali sui 200-300Tdi.
Premetto che lo snorkel mi serve solo per fare respirare meglio il motore, eliminando il più possibile l’ingresso di sabbia e polvere, ma non è ottimizzato per l’uso in acqua. Nonostante ciò tutti gli interventi sulla scatola e i condotti sono stati fatti con rivetti ciechi, cioè del tipo con l’estremità chiusa anche dopo il distacco del chiodo.
Un’altra caratteristica importante è la possibilità di montarlo/smontarlo in brevissimo tempo perchè quando non viaggio amo girare con la macchina di serie, senza troppi fronzoli.
Per realizzare la parte rigida ho usato un tubo da 75mm di Ø (tipo DIN 70), usato normalmente in campo idraulico, molto robusto e disponibile con curve di diverse angolazioni mentre per il raccordo elastico ho usato un tubo telato impermeabile all’aria con anima in filo di acciaio.
Osservando l’interno del vano motore ho individuato lo spazio necessario per fare passare il tubo elastico senza che questo interferisca con alcuno oggetto, rovinandosi.
Il primo studio fatto è stato stabilire dove fare il foro per la curva di entrata. Se si vuole usare un filtro tipo K&N è molto semplice perchè il filtro ha un’altezza ridotta, ma se si vuole usare il filtro di serie in carta bisogna fare il foro nel punto più basso possibile.
Questo l’ho scoperto a mie spese perchè avendo installato un filtro K&N ho fatto tutte le prove e misure con questo, dimenticandomi che è alto circa la metà di quello in carta.
Infatti montando quello in carta il foro di entrata rimaneva ostruito in maniera significativa. Questo mi ha costretto a rifare il foro più in basso, infatti nella seconda foto, più sotto, si vede chiaramente la piastra che ho dovuto rivettare per rimediare al pasticcio.
Stabilito dove forare è stato necessario modificare il telaietto porta scatola per fare passare la curva di uscita senza interferenze, eliminando la traversina obliqua per rifarla appena più indietro.
Nel caso che si voglia usare un K&N la traversa si può solo assottigliare di 3-4mm.
 
Dopo il telaio sono passato a modificare la scatola togliendo il manicotto originale e demolendo la sua prosecuzione all’interno per aumentare al massimo il volume interno già ridotto per l’aria necessaria al td5.
Con del lamierino da 1,5mm ho chiuso il vecchio foro di ingresso mentre con del lamierino sottilissimo ho chiuso le piccole aperture che si trovano nel fondo compresa l’uscita del becco ad anatra.
Ovviamente, oltre all’impiego dei rivetti, ho sigillato tutto con del silicone.

Con l’aiuto di un seghetto alternativo ho praticato il foro dal quale esce la curva da 67° fissata con quattro squadrette a L e sigillata.
Questo è il risultato ottenuto.
La parte più impegnativa si conclude qui. Per portare il tubo telato all’esterno ho rifatto con della robusta plastica un nuovo coperchio del parafango al quale ho praticato un foro dove fare passare ed unire due curve (90°), orientandole a dovere.
 
Qui si vede il percorso che compie il tubo telato dalla scatola filtro al parafango.
Per finire lo snorkel ho utilizzato quanto avevo già realizzato in precedenza modificandolo per l’installazione a sinistra.
Questo è il risultato finale.

Snorkel – prima versione

Quando ho preso in considerazione l’idea di realizzare lo snorkel mi sono posto l’obiettivo di penalizzare il meno possibile l’aspirazione, a mio parere già asfittica per via della scatola filtro non adeguata nelle dimensioni ma soprattutto ai condotti che vanno alla presa d’aria esterna.
Avendo a disposizione un secondo cofano che uso solo per i viaggi, ho deciso di “sacrificarlo” praticando un foro per il passaggio del nuovo tubo di aspirazione.

Il tubo flessibile usato è del tipo telato con annegata una spirale di acciaio dal diametro di circa 80 mm.
Per avere una buona tenuta ho applicato al condotto di uscita della scatola del filtro, che è di circa 75 mm di diametro, un tratto di camera d’aria molto spessa in modo da avere un montaggio forzato del tubo.
Proseguendo nel suo tragitto verso l’esterno ho trovato un passaggio che mi ha permesso di raccordarmi con il tratto rigido esterno che è costituito da un semplice tubo in plastica per uso idraulico al quale ho applicato un ciclone.
La tenuta tra i vari elementi rigidi è costituita dalle guarnizioni già presente nei tubi ma, lo sottolineo, lo snorkel è stato pensato solo per ridurre l’afflusso di polvere e non per i guadi.
Il tratto rigido è stato fissato tramite tre fascette metalliche ad una piattina che a sua volta è stata fissata, in alto alla grondaia tramite due viti mentre in basso è stata fissata al copri ex-cerniera del parabrezza. Alla fine questo è il risultato finale.

Dopo la pubblicazione della foto sopra mi è stato suggerito di far lavorare il ciclone in posizione orizzontale, consiglio che ho ritenuto corretto.
Questo è l’aspetto attuale della parte terminale, non perfettamente orizzontale ma la curva che ho reperito in commercio era quella che più si avvicinava al valore corretto.

Rimozione radiatore EGR – Euro3

La modifica che vado ad illustrare è valida solo per Defender con radiatore monomassa e rientra in quelle che non sono indispensabili (ma utili per eliminare tutto quello che non serve), perchè il radiatore che raffredda i gas di scarico nei modelli Euro3 può essere lasciato al suo posto anche dopo l’eliminazione dell’EGR/ILT in quanto è in posizione protetta e solidamente assicurato alla parte frontale del monoblocco.
L’intervento non è difficile ma per la collocazione delle viti da allentare e per il poco spazio a disposizione per rimuovere il tubo in metallo originale può risultare un po’ ostico. Inoltre una parte del liquido di raffreddamento va scaricato.
Prima di rimuovere il tubo originale è necessario svuotare parte dell’impianto di raffreddamento. La quantità di liquido che esce è discreta, almeno 4-5 litri.
E’ necessario smontare anche il carter che copre il turbo e consigliabile togliere la scatola filtro.
La seconda cosa da fare è rimuovere il tubo originale che è fissato con due viti alla parte posteriore del monoblocco e con una vite alla parte inferiore del radiatore carburante mentre il radiatore è fissato con due viti alla parte anteriore del monoblocco e un dado nella parte inferiore, un po’ nascosto.
Fatto questo è sufficiente chiudere l’uscita dal radiatore dell’olio con il tappo (caro) previsto da una modifica da Land Rover (pn PYB500040) e chiudere analogamente il foro posto sotto la vaschetta di espansione.

Eliminazione del sistema di riciclo dei gas di scarico EGR/ILT

Il sistema del riciclo dei gas di scarico pone secondo me due problemi:
il primo è che riduce grandemente il passaggio dell’aria (sopratutto nella versione con ILT – da MY02-Euro 3), ed il fatto che ci sia il turbo a spingere aria secondo me non cambia sostanzialmente nulla in fatto di ostruzione.
Il secondo è che l’utilizzo di una  parte dei gas di scarico non favorisce di certo una buona  combustione.
Per eliminare questi due aspetti negativi bisogna rimuovere il gruppo EGR/ILT ed impedire ai gas di scarico di passare dal collettore di scarico a quello di aspirazione.
Per capire meglio come funziona l’intero sistema si possono consultare le foto qui sotto.

In commercio si trovano kit per risolvere entrambi i problemi ma si può provvedere anche personalmente, magari non nel costruire i due oggetti principali ma almeno per il loro corretto montaggio che non necessitano certamente di un meccanico.
Però per chi volesse fare tutto da sé di seguito ci sono i link con i disegni quotati:
a) misure quotate per riprodurre il by-pass libero
b) misure quotate per riprodurre la piastrina
n.b. non ho nessun legame con la ditta che ha eseguito, gentilmente, il disegno quotato.
Nelle foto seguenti si possono vedere il collettore già privo di valvola e con il by-pass e la piastrina che chiude il collettore di scarico.
Per iniziare si deve eliminare il tubo corrugato (nr. 27 – Euro2) oppure quello corto che collega il collettore di aspirazione al radiatore posto davanti al monoblocco (Euro3).
Fatto ciò si deve chiudere il foro del collettore di aspirazione con la piastrina mettendo della pasta rossa per sigillare bene.
Il foro libero del radiatore si può lasciare libero senza problemi.
Sul lato opposto rimuovere il gruppo EGR e al suo posto montare il manicotto.
Per completare l’intervento si devono sigillare con molta cura i due tubetti (particolari 6 e 7) che si collegano alla valvola EGR/ILT. Un sistema semplice consiste
nell’utilizzare un cilindretto di metallo con un diametro di 5mm infilato  nella pipetta (particolare 8) che si trova sul tubo principale che parte dalla pompa posta sull’alternatore.
Io ho usato un chiodo tagliato a misura fissando la pipetta con un semplice giro di filo di ferro per sicurezza.
Con questa unico intervento si isola in un solo colpo entrambi i tubetti che vanno al gruppo che si possono rimuovere completamente senza problemi.

I connettori elettrici ai due solenoidi (particolari 23 e 24), si possono lasciare collegati senza problemi oppure rimuovere del tutto perché la centralina non registra nessun errore.
Nella versione Euro 3 vi è anche un radiatore (particolare 15) che raffredda i gas di scarico sfruttando il liquido di raffreddamento ma che si può lasciare al suo posto per una rapida riconversione.
Per chi volesse spingersi alla pulizia totale del sistema si può eliminare anche il radiatore.

Cruise control

Questa modifica sembrerebbe in contrasto con la natura spartana e un po’ rude del Defender però proprio l’incedere lento su autostrade o lunghe distanze in generale rende utile questo dispositivo.
Previsto come optional sul Discovery è del tutto assente per il Defender che però, condividendo gran parte della gestione elettronica del motore, è predisposto almeno per quanto riguarda la centralina di tipo NNN.
La modifica consiste nel collegare un interruttore e due pulsanti al connettore nero della centralina secondo lo schema:
L’interruttore “I” consente di inserire o escludere  manualmente il CC evitando l’uso accidentale e l’accensione del led “L” ne conferma il suo funzionamento.
Il CC non funziona al di sotto dei 45 km/h di velocità e solo con il riduttore del Defender, cioè nel caso che si monti quello del Discovery, modifica fatta da chi vuole una 5^ più lunga il CC non funzionerà. Analogamente per chi decide di cambiare i rapporti del cambio con la 5^ marcia più lunga.
Un elemento di sicurezza obbliga ad avere, oltre all’interruttore dei freni, collegato anche lo switch della frizione che tanti possessori di Td5 staccano. Premendo il pedale del freno o della frizione il cruise si esclude.
Il primo pulsante “P1” serve per impostare la velocità desiderata premendolo una volta quando la si è raggiunta.
Una volta impostata la si può aumentare di un km/h per volta ad ogni successiva pressione.
Il secondo pulsante “P2” serve per sospendere momentaneamente il cruise e a ripristinarlo alla velocità già impostata appena lo si ritiene opportuno.
Prima di procedere con il montaggio è necessario munirsi di quattro spinette da inserire nel connettore.
Le spinette sono prodotte da Tyco Electronics – AMP e sono identificate con il numero 183025-1.
 
Queste spinette sono reperibili, ad esempio,  in questo sito:
http://it.farnell.com/jsp/search/productdetail.jsp?sku=151075
Per fare un cablaggio ordinato è consigliabile usare un cavo multipolare che andrà inserito dentro un tubo spiralato del tipo usato normalmente per mettere sotto traccia gli impianti elettrici nei muri.
Dal vano centralina si raggiunge facilmente il vano motore passando nel tunnel che sovrasta il cambio e da lì si risale fino ad arrivare alle spalle del cruscotto.
Io ho posizionato i tre elementi del cruise in questo modo:
Il pulsante a sinistra è il P1, quello a destra il P2 mentre l’interruttore è quello rosso sopra alla leva del ventilatore.
Il led che segnala l’attivazione del cruise è posizionato accanto al tachimetro indicato dalla freccia.
 

Rilevatore temperatura dei gas di scarico

Uno dei parametri più importanti da tenere in considerazione su di un motore turbo diesel è senz’altro la temperatura dei gas di scarico. Conoscere questo dato aiuta ad utilizzare al meglio la potenza a disposizione senza fare danni al motore.
Per monitorare il mio TD5 ho usato il  kit venduto da www.nakatanenga.com
Nella confezione vi è compresa la sonda, la piastrina già predisposta sulla quale montarla e fissarla sul collettore di scarico e lo strumento con display.
Per montare la sonda è necessario rinunciare al riciclo dei gas di scarico, conosciuto anche come EGR, eliminando uno dei componenti indicati dalle frecce rosse (Euro 3 – particolare 15, Euro2 – particolare 27).

Questa modifica è necessaria perché, come si vede chiaramente nella foto sotto, al posto del tubo corrugato in acciaio dell’EGR, si monta la piastrina fornita.

Montata la sonda si sceglie il percorso che si ritiene più idoneo, io ho seguito il perimetro del parafango sinistro, per portare il cavetto elettrico nell’abitacolo.
Fatto ciò non rimane che posizionare il visore tenendo conto che oltre al cavo proveniente dal cofano si deve collegare anche l’alimentazione di 12V.
Il display ha un’ottima visibilità, anche con luce solare diretta, ma si deve avere l’accortezza di non metterlo perfettamente verticale ma leggermente inclinato.
Questa parte del cruscotto del Defender è praticamente perfetta per avere una buona visuale dello strumento.

Una volta completato i collegamenti elettrici non rimane che accendere il motore.
Al di sotto dei 100°C il display mostra solo quattro trattini ma basta percorrere poche centinaia di metri perché la sonda rilevi la temperatura mostrandola.
Lo strumento è programmabile a piacere per impostare la temperatura che riteniamo giusto non oltrepassare; raggiunto questo valore il display, che normalmente ha uno sfondo azzurro, diventa rosso segnalando la situazione di pericolo.
Con la pratica si nota subito che la temperatura varia in modo repentino in funzione del carico, in modo indipendente dalla velocità ma più influenzata dalla pressione sul pedale dell’acceleratore.
Per dare un valore di riferimento, a 110km/h, con macchina scarica e in pianura, si rilevano poco più di 300°C ma è sufficiente affondare il piede in un sorpasso oppure affrontare una salita per vedere la temperatura salire fino a 500°C e oltre.
In un moderno turbo diesel la temperatura dei gas di scarico può raggiungere temperature nell’ordine degli 800°C che sono da considerarsi già a grosso rischio di rotture meccaniche.
Una comoda funzione fornita dallo strumento è la memorizzazione, e successiva visualizzazione, della massima temperatura raggiunta in modo da sapere a quanti gradi si è distrutto il motore 🙂

Disabilitare l’immobilizzatore AS10

Gli appassionati del Defender, e del marchio Land Rover in generale, sono molto conservatori e ogni qualvolta che esce un nuovo modello si scatena la caccia al difetto invece di prendere in considerazione le migliorie.
Il TD5 è stato sicuramente uno dei modelli che più hanno sofferto questa situazione per via dell’impiego di molti componenti elettronici prima sconosciuti. La non conoscenza è stata di fatto l’unico vero tallone di Achille perché alla fine, dopo che è stato in produzione per molti anni, anzi la motorizzazione più longeva in casa L.R., si può affermare che l’elettronica di cui è equipaggiato questo grande motore è sicuramente molto affidabile.
I problemi che si sono riscontrati sono stati più di natura elettrica che elettronica ma i meccanici tradizionali, già spesso a digiuno della prima hanno fatto prima a bollare il TD5 che a studiarlo per capire come risolvere alcuni difetti di gioventù.
Tra i tanti fantasmi il più temuto, almeno per chi usa il Defender per viaggiare è l’immobilizzatore.
Anche in questo caso l’antifurto non ha mai creato grossi problemi, qualcuno è rimasto in panne nei pressi di grossi campi elettromagnetici, nei pressi di grossi elettrodotti, ad esempio, però nulla di veramente irrisolvibile al momento.
Ciò premesso, molti si sono rivolti a specialisti del settore per rimuovere l’antifurto, anche momentaneamente, giusto il tempo per effettuare un viaggio.
Con l’avvento del Nanocom questa operazione è possibile farla in totale autonomia, basta modificare alcuni parametri.
Per incominciare sconsiglio vivamente di cambiare l’impostazione del paese, come spesso suggerito, perchè non si ha un reale controllo di quali parametri si vanno a modificare.
Per la gestione dell’antifurto è possibile utilizzare il Nanocom a motore acceso o spento in modo indifferente, dopodiché è sufficiente accedere al menu AS10 e poi alla funzione READ SETTING ed impostare i parametri PLIP IMMOBILIZE e PASSIVE IMMOBILIZER su DISABLED.  Ricordarsi di salvare i nuovi valori tramite la funzione WRITE SETTING. Per verificare che l’operazione sia andata a buon fine si deve chiudere le portiere della macchina, attendere alcuni minuti, e senza avere nelle vicinanze il telecomando accendere il motore; se questo avviene l’immobilizzatore è disattivato. Una considerazione finale molto importante: anche se l’immobilizzatore è disabilitato, la centralina principale dialoga sempre con la centralina AS10 dell’antifurto tanto che se quest’utlima si dovesse rompere il motore non partirebbe comunque. Non conosco casi di centraline AS10 guaste però per essere veramente certi di non avere problemi tra i ricambi ci dovrebbe essere una centralina AS10.  Scrivo questo per dare un’informazione completa.

Riconoscimento telecomando

Per Defender TD5 o Puma TD4 (solo se con centralina AS10)
La procedura per fare riconoscere alla centralina AS10 il telecomando che abilita/disabilita l’immobilizer è la seguente:
1. a quadro spento accendere il Nanocom nella funzione diagnostic;
2. scegliere il modulo Defender – TD5 o Puma a seconda del caso;
3. scegliere il modulo AS10
4. scegliere il menu UTILITY
5. scegliere la funzione PLIP LEARN
6. premere su start e tenendo il telecomando vicino al blocchetto di avviamento premere un tasto a caso in modo continuo (una pressione al secondo, circa) fino a che il clacson o le frecce si azioneranno.
Il telecomando è riconosciuto.

 

Attenzione: la centralina memorizza l’ultimo telecomando cancellando tutti i preesistenti, quindi se si devono far riconoscere più telecomandi (fino a quattro), la procedura deve essere fatta contemporaneamente per tutti i telecomandi.
Per chiarezza, dopo che il primo telecomando è stato riconosciuto iniziare a premere il tasto del secondo telecomando senza uscire dalla procedura fino a che anche il secondo telecomando è stato riconosciuto e così via fino al quarto.

Miglioramento masse per Nanocom

Quasi tutti i problemi di comunicazione tra il Nanocom e la centralina sono dovuti a cattiva massa. Nei casi lievi si hanno letture discontinue oppure spegnimento del Nanocom perchè dopo un tot di tempo senza comunicazione si spegne in automatico. Nei casi più gravi una cattiva comunicazione può impedire la rimappatura della centralina o addirittura la sua morte in quanto una scrittura terminata al momento sbagliato fa si che non si possa più fare altre scritture, quindi macchina ferma.
Consigli per il miglioramento delle masse
  

Portabiciclette

Scartata l’ipotesi di caricarle sul portapacchi mi sono cimentato nella costruzione di un portabiciclette sulla falsariga di quanto visto su realizzazioni commerciali.
L’idea è quella di alloggiare le biciclette nel retro della macchina sfruttando i fori previsti per il crick di serie.
La struttura è costituita da due tubi di adeguato spessore e diametro sui quali ho saldato due slitte di un precedente portabiciclette, di quelli economici che si mettono sul tetto. Per assicurare il portabiciclette ho effettuato un foro su ogni tubo nel tratto che sporge internamente dal paraurti dove una semplice vite con dado fa da spina di sicurezza.
In base al tipo di cerchio e di gomma usata come scorta si deve calcolare la lunghezza/sporgenza dei tubi che sostengono le biciclette. Ovviamente questo tipo di supporto limita lo sbalzo posteriore ma siamo nel campo dell’uso prettamente turistico del mezzo.
 
Alla base della slitta più esterna ho fissato il supporto per le luci e la targa. I due gruppi-luce li ho comprati presso un negozio di ricambi elettrici per auto e sono del tipo comunemente usato per i carrelli. Per alimentarli ho installato nel vano predisposto nel cross member una presa elettrica per rimorchio.
Per utilizzare il connettore di serie (che si trova sotto la macchina, nell’angolo posteriore destro, dietro il riparo), senza tagliarlo, ho semplicemente stagnato i vari fili da collegare in modo da renderli rigidi come delle spinette che ho poi inserito nel connettore.
Il connettore è stato poi isolato per bene e rimesso in posizione protetta dove si trovava in origine.
Per la parte elettrica trovate di seguito la documentazione utile per la realizzazione 
 

Per bloccare in sicurezza le biciclette ho pensato all’uso di due cinghie a cricchetto fissate in diagonale tra la grondina e la slitta in questo modo si possono regolare le cinghie a piacere adeguandole alla larghezza delle biciclette.
 

Gavoncino esterno

Sempre alla ricerca di soluzioni per stivare il materiale che ci portiamo durante i viaggi ho installato questo gavoncino posizionato nella parte posteriore sinistra del 110.
Le misure esterne sono 400 mm di lunghezza – 300 mm di larghezza e 280 mm di altezza.
Le misure interne sono praticamente simili dato il poco spessore della lamiera zincata utilizzata.
L’idea è venuta vedendo i tanti allestimenti proposti sul web ma in particolare questa è nata su iniziativa di un amico, Gegio di Africaland.it, che ha fatto per se questo gavoncino condividendo l’idea. La realizzazione è stata un po’ laboriosa perchè ho ritenuto migliore la scelta di sostenere dal basso il gavone piuttosto che appenderlo alla lamiera dei passaruota. Per fare ciò ho realizzato un telaio con del ferro a L di adeguate dimensioni, imbullonandolo a due fori già presenti nel crossmember e ad altri due fori (uno fatto ex-novo), sul telaio. La mancanza del quarto punto di sostegno non è così grave perchè il telaio è molto solido e non prevedo di caricarlo di peso eccessivo ma solo di oggetti leggeri ma ingombranti come la pompa gasolio, filtri e così via.
Il gavone è stato fissato con l’interposizione di due piattine da 40 mm di larghezza mentre al suo interno è stato rivestito con del neoprene da 20 mm di spessore per proteggere gli oggetti contenuti e limitare un po’ il rumore da sbattimento.
 
Sul fondo esterno è stato incollato uno spesso foglio di plastica per proteggerlo dai sassi e pietrisco. Una caratteristica interessante è la possibilità di togliere il gavone senza smontare il telaio ma semplicemente sfilandolo, con qualche acrobazia, ma nulla di difficile.

Kit per pompa master – istruzioni

Come noto è possibile ripristinare la pompa master usando l’apposito kit (ultimo codice conosciuto 8G8837L).
Se l’usura riguarda solamente i gommini di tenuta si può tentare di ripristinare il funzionamento con una spesa molto contenuta ma occorre dire che normalmente è il corpo interno della pompa ad ovalizzarsi oppure  a rigarsi in modo tale da non dare più una tenuta adeguata.
Anche se l’intervento è semplice ed intuitivo ho pensato di mettere a disposizione le istruzioni, in inglese, corredate da un disegno molto esplicativo di come vanno montati i vari componenti.

Maggiorazione serbatoio master

Per aumentare la capacità del serbatoio della pompa master si può montare questo accessorio originale della Girling (part n. 64475475 oppure 64475476).
La prolunga è costituita da un corpo di plastica che entra nel serbatoio originale al quale viene saldamente fissato con una ghiera di metallo.
 
Il risultato finale è questo:
Un paio di vantaggi immediati sono: il rapido controllo del livello perché il corpo in plastica è semi trasparente e la semplicità degli eventuali rabbocchi che non necessitano più di un imbuto o altro strumento perché l’altezza del serbatoio permette un facile rabbocco di liquido.

Modifica luci posteriori

Come chiaramente mostrato nella foto questa modifica coinvolge il gruppo luci posteriori per dare maggiore visibilità al Defender in caso di nebbia o scarsa visibilità aggiungendo un secondo dispositivo, identico a quello di serie.
La stessa cosa è stata fatta per la luce azionata dalla retromarcia per illuminare al meglio il terreno quando si manovra al buio.
Per il montaggio occorre fare un foro con una punta a tazza e trovare il passaggio nel cross member per il collegamento elettrico tra i due gruppi ottici.

Tubo proteggi tiranteria sterzo

Il tubo che ho montato non è originale Land Rover ma è stato prodotto artigianalmente sul modello originale adottato dai mezzi militari.
Per facilitare chi vuole cimentarsi nella sua costruzione ho pensato di fare alcune foto e fornire le misure dei singoli pezzi. La sua costruzione non è complessa perché si tratta di un semplice tubo al quale sono saldate, a forma di V, quattro robuste piattine che si fissano ai fori già predisposti sul telaio. La difficoltà può risiedere nell’individuare le misure esatte delle piattine e l’apertura in gradi della V.
Il mio consiglio è di preparare le piattine, fissarle al telaio nei punti predisposti, ed effettuare solo a quel punto la saldatura, tenendo conto dell’inevitabili flessioni indotte dal calore della saldatura.
Le misure sono state prese con il tubo montato ma sono attendibili.
Il tubo A è lungo 830 mm con diametro esterno di 60 mm e spessore di 5 mm. Le piattine sono tutte larghe 45 mm e spesse 9 mm.
Le loro misure sono:
B = 150 mm con foro a 117 mm;
C = 110 mm con foro a 88 mm;
D = 135 mm con fora a 117 mm;
E = 200 mm con foro a 175 mm.
La misura della lunghezza totale e la posizione del foro delle piattine è stata presa nel punto centrale di contatto della piattina stessa ed il tubo, quindi la piattina andrà tagliata un po’ più lunga per poi sagomarla, a mezza luna, per farla aderire bene alla forma del tubo.
La piattina E nel punto evidenziato dal cerchio bianco va modificata con un incavo per non interferire con l’ammortizzatore di sterzo.
Le piattine B e D vanno fissate negli stessi fori degli occhielli originali per il traino, usando le stesse viti, mentre per le piattine C ed E le foto dovrebbero illustrare bene i punti di attacco che sono evidenziati con i cerchi rossi.

Veranda posteriore

La necessità di allestire questa veranda nasce dall’esigenza di potere operare all’esterno della macchina anche in condizioni di cattivo tempo. L’esempio più calzante è quando devo fare – disfare il letto o sistemare i bagagli.
La larghezza della veranda è di 120 cm, quanto l’interno del mio portapacchi, mentre la lunghezza, tutta aperta, è di 140 cm.
Con queste dimensioni è garantita una discreta copertura di tutta la zona posteriore.
La veranda è ricavata da una zanzariera a rullo (con molla interna per riavvolgerla) del tipo comunemente usato in moltissime abitazioni. Una volta recuperata la zanzariera ho provveduto a togliere la rete interna e al suo posto mettere un telo di plastica abbastanza morbido da essere riavvolto facilmente.
Lo scatolato è stato fissato all’interno del portapacchi con due squadrette.
 

 
Per una combinazione fortuita lo scatolato scompare completamente alla vista.
 
 
Per sostenere il tendalino ho saldato al portapacchi due tubi quadri da 25 mm di lato dove scorrono all’interno le guide da 15 mm, il tutto in ferro.
 Per bloccare le guide interne in posizione aperte ho usato due  viti per lato con pomello.
L’utilizzo è molto semplice, basta estrarre le due guide interne fino a pochi cm dalla massima estensione per poi tirare il tendalino che andrà ad incastrarsi con le apposite appendici nel foro centrale; (nella foto sotto è in posizione di chiusura ma il sistema adottato da aperta è quello raffigurato).
Fatto ciò è sufficiente mettere in tensione il tendalino estraendo completamente le guide per poi bloccarle con le due viti a pomello.
Particolare del “gancio” che si inserisce nel foro della slitta.
 

Veranda laterale

Veranda fatta in totale economia ma estremamente pratica nell’utilizzo e leggera.
La veranda misura 240cm di larghezza per 280cm di profondità. L’altezza nel tratto finale è regolabile a piacere.
Come base di partenza ho utilizzato una barra a L comunemente  usata come montante per scaffali alla quale ho unito i due pali orizzontali tramite una piattina a U.
Il telo è del tipo molto diffuso in plastica al quale ho fissato un tubo tondo per tenerlo teso in larghezza e usarlo come punto di fissaggio per i pali verticali.
Alla fine del tubo ho praticato un foro per inserire la parte terminale del palo orizzontale composto da una vite inserita dall’interno del palo stesso.
La struttura è autoportante e il telo rimane ben teso grazie alla possibilità di regolare i pali orizzontali. All’occorrenza si possono usare dei semplici tiranti a terra.
Per aprirla è sufficiente sganciare gli elastici che tengono la veranda arrotolata al montante, aprire i pali orizzontali, che grazie alla larghezza della veranda sono quasi in misura, e svolgere il telo. Svolto il telo si aprono verso terra i pali (anche questi già in misura) e si innesta, uno alla volta, il palo orizzontale nel foro del tubo mettendo in tensione con il sistema telescopico il tutto. Data la leggerezza della tenda si fa tutto da soli senza nessuna fatica. Per la chiusura basta procedere  nel senso inverso. 
Per entrambe le operazioni sono sufficienti un paio di minuti scarsi.
Sotto, il montante per scaffali usato come base per i pali orizzontali e il telo stesso
La piattina a U (50mm di larghezza per 4 di spessore) per i pali orizzontali. Per irrobustire il palo nel punto di attacco ho inserito un tratto di 10cm di legno preso da un manico di scopa perfettamente incastrato all’interno.
L’attacco al tubo posteriore con il foro per tenere in posizione il palo orizzontale. Anche nei  pali verticali ho messo l’inserto di legno per irrobustirli.
Come si può vedere il telo rimane ben teso. Per evitare svolazzamenti si può tendere anche orizzontalmente il telo usando gli anelli già predisposti del telo con dei semplici laccetti.

Modifica carter turbo

Semplice modifica per aiutare il turbo a smaltire il calore prodotto ma senza togliere completamente il carter che lascerebbe la scatola del filtro troppo esposta al flusso di aria calda.
Smontato il carter l’ho tagliato con un seghetto alternativo seguendo il disegno in rilievo che si trova già impresso, facendo il taglio 6/7 mm  più piccolo di come lo si vuole a risultato finito. Questo accorgimento serve per potere ripiegare il bordo del lamierino che, essendo fatto in due gusci uniti tra loro con interposto del materiale isolante, potrebbe vibrare e creparsi nel tempo. Inoltre si elimina il pericolo di ferirsi tagliandosi contro il bordo.
Oltretutto si ottiene una grande accessibilità al collettore di scarico per ispezionarlo. 

Fori cofano

Non so quanto sia importante questa modifica ai fini del raffreddamento del motore (come si vocifera), però avendo un cofano da “battaglia” e trovandoli esteticamente belli li ho comunque fatti 🙂

 

Per chi volesse riprodurli allego uno schizzo con le misure

Cofano con portaruota

Per chi fosse interessato al montaggio della ruota di scorta sul cofano illustrerò come ho adattato un vecchio cofano al TD5.
La scelta è caduta sul modello che equipaggiava la serie 200TDi perchè molto robusto e munito di serie dell’apposito kit portaruota.
Il kit portaruota, ancora reperibile come ricambio, consiste in quanto raffigurato nell’immagine. Io ho utilizzato i particolari cerchiati in rosso e cioè: il supporto vero e proprio con una piastra di rinforzo interna e i due profilati a U.
La modifica sostanziale è consistita nell’abbassare (evidenziata in rosso), l’altezza di una centina che andava a toccare il vaso di espansione.
Per eliminare l’interferenza ho tagliato con una smerigliatrice angolare lo spigolo del profilato. Il taglio è necessario perchè la nervatura della centina è tale che senza non cede e il cofano si rovina.
Con qualche colpo ben assestato con una mazzetta ho abbassato il particolare di circa quindici mm. Per ripristinare la rigidità della centina ho saldato il taglio fatto.
Con questa semplice modifica il cofano è pronto per l’uso con il TD5.
L’antifurto del Defender TD5 ha un sensore posizionato nel cofano. Prima di chiudere il cofano è necessario abbassare il supporto del sensore, si riesce anche a mano, per circa uno o due centimetri pena la rottura del sensore stesso.
Ricordarsi di alzarlo nuovamente nel casi si ritorni al cofano originale.
E’ possibile che il cofano possa interferire con la plastica copri testata ma avendola tolta non posso esprimermi in merito.
Per irrigidire ulteriormente il piano di appoggio ho applicato un foglio di alluminio mandorlato da quattro mm. di spessore che ho fissato con 10 viti M8 a testa tonda seguendo il percorso delle sottostanti centine unite ai profilati ad U del kit.
Per migliorare la visibilità ho montato l’attacco direttamente sul cofano eliminando anche i gommini previsti in origine.
Così facendo la gomma appoggia perfettamente sul piano di alluminio.
Questo schema è riferito ad un pneumatico Michelin XPC nella misura 7.50 montato su di un cerchio Wolf. Anche una gomma 235/85 ci sta in quella posizione ma l’altezza è sensibilmente più alta.
Nell’uso quotidiano non applico il portaruota che monto in due minuti prima di un viaggio usando le due grosse viti del kit.
Normalmente  chiudo i due fori con due tappi di gomma.
Per continuare ad usare l’asta di tenuta di serie la inserisco nel vecchio attacco in questo modo.
Vorrei sottolineare che il complesso cofano + ruota diventa molto pesante sia per l’asta che lo deve sostenere, sia per chi lo deve sollevare ed abbassare e che la visibilità in fuoristrada, specie nello sdunamento è molto compromessa.

Tettuccio apribile elettrico webasto

La modifica che vado ad illustrare è di un certo impegno, almeno sotto il profilo psicologico, perché tagliare in modo irreversibile il tetto può porre più di un dubbio.
Non darò istruzioni particolareggiate perché non so a quanti potrà interessare questa modifica ma soprattutto non so chi sarà in grado di ritrovare in vendita questo modello di tettuccio che credo sia un fine serie perché introvabile anche sul sito della Webasto. Però due righe di spiegazione potrebbero servire a chi vorrà cimentarsi nel montaggio di un tettuccio simile a questo modello.
Il tettuccio è un modello elettrico della Webasto, tipo “Top slider medium”, acquistato nuovo su Ebay.
Si tratta di un modello universale con misure del vetro di 78cm X 41 cm.
All’interno della confezione ho trovato tutto quanto serviva per la sua installazione, come le dime, esterna ed interna, da fare combaciare tra loro, per tagliare la lamiera e l’imperiale, il semplice cablaggio elettrico e le istruzioni.
Con un seghetto alternativo e cutter ho praticato le due aperture senza grosse difficoltà. L’unico consiglio che posso dare è di fare grande attenzione ai fili elettrici che si trovano incollati sotto all’imperiale.
Proprio in mezzo al tetto si trova una centina che va rimossa completamente; questo è facile almeno per la zona che riguarda il tettuccio perché si può tagliare insieme al tetto mentre per i moncherini rimanenti che continuano verso il parabrezza e il retro è più difficile perché si corre il rischio di rovinare esternamente la lamiera.
Per rendere più semplice la loro rimozione si può tagliare con un cutter lo strato adesivo che tiene unito la centina e il tetto. A questo punto non rimane che forzare un po’ i moncherini fino a fare saltare i pochi punti di saldatura.
Per tagliare più facilmente la traversa si può anche rimuovere l’imperiale ma credo che la fatica sia maggiore e in ogni caso l’imperiale va rimesso prima di tagliarlo per verificare la sua posizione relativa al tettuccio perché le due aperture (tetto e imperiale), hanno dimensioni diverse tra loro ma che devono combaciare nella posizione prevista dal costruttore.
Praticate le aperture si uniscono il telaio con il vetro con il controtelaio interno che vanno accoppiati tra loro interponendo due guarnizioni di neoprene fornite e numerose viti per assicurare la massima aderenza.
Siccome il tettuccio è leggermente bombato ho piegato a mano la lamiera posteriore cercando di conferirle la stessa forma del tettuccio. Si tratta di un lavoro semplice che non richiede molta forza.
Questo si rende necessario perché, mentre il telaio del tettuccio è elastico e si adatterebbe al tetto, il vetro non farebbe altrettanto rendendo il tettuccio a rischio di infiltrazioni di acqua. La parte anteriore non è stata piegata perché più abbondante e quindi più elastica e questa qualità gli permette di adeguarsi da sola alla forma del telaio. Completato il montaggio meccanico si collega elettricamente il tettuccio mettendo a massa il cavetto nero già munito di capicorda e collegando il cavo rosso ad una fonte positiva. Ho preferito non mettere sottochiave questo filo per potere azionare il tettuccio anche a macchina ferma, magari di notte in caso di pioggia o di caldo. Il fusibile in dotazione da 15A mi ha indotto a considerare non adatto il collegamento alla plafoniera ma ho preso l’alimentazione direttamente dal vano fusibili posto sopra al cambio. Al termine di un pomeriggio di lavoro il risultato che ho ottenuto è quanto fotografato sotto (la cornice di rifinitura è ancora senza i tappi copriviti).